Comitato per la rievocazione Storica la Leggenda della Mea
La leggenda della Mea
La tradizione locale vuole una Bibbiena divisa in due rioni : quello dei "Piazzolini" che prende il nome dalla Piazza, detta ancor oggi Piazzolina e quello basso dei "Fondaccini" da Fondaccio, ancor oggi così si chiama.
Il rione dei Piazzolini era considerato il quartiere dei signori; quello dei Fondaccini il rione del popolo, composto perlopiù da artigiani.
Se i Piazzolini avevano i più bei palazzi e la maggior ricchezza, il Fondaccio vantava le più belle ragazze, fra queste una "la bella lavandaia Bartolomea, detta "Mea", dalle forme prosperose e dalle chiome brune, promessa sposa a"Cecco", il tessitore.
Avvenne un giorno che la Mea, nel riportare il bucato al castello, si imbattesse nel giovine Tarlati, figlio del Conte Piero, dai modi gentili e fieri e si fermasse con lui in dolce colloquio; fra i due nacque un idillio e !!!
Cecco il tessitore, vistosi abbandonato, cercò di sapere e venne a conoscenza della tresca.Tutto il Fondaccio ne fu messo al corrente e cominciò a tumultuare, mentre i piazzolini parteggiavano per il giovane Tarlati.
Tra le due frazioni nacquero violenti risse che minacciavano di diventare vera rivolta da parte del Fondaccio. Il vecchio Conte Tarlati, uomo saggio, per evitare danni maggiori al suo popolo chiamò tutti a raccolta, al centro del paese, le due frazioni e, alla presenza di tutti, restituì la Mea al Fondaccio e al suo Cecco, ponendo così fine ad ogni discordia.
Resa la Mea ai suoi, in segno di giubilo, nella Piazzola, fù bruciato il "Pomo" della pace, con canti, balli e abbondanti libagioni.
In ricordo di questo e di altri avvenimenti, tra leggenda e storia, ogni anno, l'ultimo giorno di Carnevale, a Bibbiena, si brucia il cosiddetto "Bello Pomo" e la gente accorre dalle campagne per assistere all'avvenimento e trarre dalla "fiammata" gli auspici per il prossimo raccolto.
Tutto finisce in allegria, con fiaschi di vino, al canto del caratteristico "E gri - e gri !!!!"