Il mestiere delle armi (film 2001)

Il mestiere delle armi (film 2001)

Il mestiere delle armi è un film di Ermanno Olmi che racconta gli ultimi giorni del condottiero Ludovico di Giovanni de' Medici, meglio conosciuto come Giovanni delle Bande Nere, per le sue bandiere a fasce bianconere. Visse nella prima metà del XVI secolo e partecipò a numerosi battaglie come soldato di ventura al soldo dello Stato Pontificio.
Un film dai molteplici significati, che si sofferma anche su un periodo in cui la guerra avrebbe per sempre cambiato volto, passando dall'importanza degli scontri corpo a corpo, dove si guardava in faccia il nemico, a quella verso l'armamentario tecnologico più innovativo. L'artiglieria inizia a dominare la scena della battaglia e il "mestiere delle armi" di Giovanni viene superato, perché ormai "è il denaro che fa la guerra", con la possibilità di produrre e comprare le armi migliori. I cavalieri, i castelli e gli assedi del medioevo sono finiti, lasciando il posto alla guerra combattuta a distanza.

LA STORIA (contiene spoiler)
Giovanni dalle Bande Nere stava fronteggiando un'armata imperiali di lanzichenecchi luterani scesi in Italia, guidati da Georg von Frundsberg. Le sue forze composte solo da un manipolo di cavalleggeri e archibugieri non erano abbastanza numerose, quindi preferì una strategia basata sulla schermaglia. Dopo che il marchese di Mantova, Federico Gonzaga, diede il permesso ai lanzichenecchi di transitare sui suoi territori, bloccando invece gli uomini di Giovanni, quest'ultimo raggiunse gli avversari presso la fornace di Governolo. Il condottiero italiano guidò l'attacco che si rivelò non solo fallimentare, ma gli causò una grave ferita alla gamba. Fu trasportato al palazzo di Aloisio Gonzaga, a Mantova. Qui il condottiero troverà la morte, il 30 novembre 1526, a causa dell'infezione alla gamba, che non si riuscì a contrastare nemmeno con l'amputazione.

IL SIGNIFICATO
Ermanno Olmi ci offre uno spaccato di quello che era la guerra di allora, in cui la sofferenza viene non solo dallo scontro fisico, ma dalle condizioni ambientali avverse, dal peso delle armi e dell'armatura e dalla fame. La disgrazia e la crudezza della guerra in molti aspetti che, in fondo, sono universali e non rilegati al solo passato.
E il "mestiere delle armi" è proprio quello di un soldato che cerca di tenersi lontano dalla politica, o quantomeno di non esserne inerme strumento. Non si sottrae al suo destino, nonostante i tradimenti e gli inganni, e lo affronta a testa alta. Un soldato che fino all'ultimo svolge il suo dovere, dando così significato alle sue azioni, al di là dell'effetto che avranno, e che in punto di morte si preoccupa di come sarà ricordato: "Vogliatemi bene quando non ci sarò più", dice, come se fosse l'unica cosa davvero importante.
Il protagonista di batteva per lo Stato Pontificio e il diritto di esso ad avere potere spirituale e temporale, ma lo stato moderno che si affaccia alle nuove monarchie nazionali è ormai il futuro, ed anche in questo Giovanni viene sorpassato.
Il mestiere delle armi è un film potente e intenso, di certo non da prendere alla leggera. La violenza, la passione, il freddo, la fame, la morte e il desiderio sembrano voler ripercorrere il senso della vita intera e lo scorrere del tempo. Sulle terre del Po, ammantate di neve e nebbia, la brutalità della guerra domina la scena, e un uomo trova la sua identità, solo in punto di morte.

 

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